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n. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

Sommario

EDITORIALE
Educazione affettiva: urgenza senza deleghe
la DIREZIONE

SERVIZI
  Alle radici della relazione
MARIA LUISA DI PIETRO

Emozioni, legami e nascita del Sé
DOLORES ROLLO

Lo sviluppo dell’identità di genere
MARIA LUISA PEDDITZI

Attratti verso una relazione di reciprocità
MICHELANGELO TORTALLA

Ma tu, sei un uomo o una uoma?
MARIATERESA ZATTONI, GILBERTO GILLINI

Educazione sessuale: un gioco di squadra
ENRICA ODDONE

Uomo e donna: una chiamata all’alleanza
PATRIZIO ROTA SCALABRINI

DOSSIER
Sesso e stili di vita dei giovani
RAFFAELLA FERRERO CAMOLETTO

RUBRICHE
SOCIETÀ
Tra divieti e individualismo
BEPPE DEL COLLE

RICERCA
Le famiglie ricomposte
ANGELICA ARACE

CONSULENZA
Scegliere come e per chi?
EMANUELA CONFALONIERI

POLITICHE
Verso una nuova consapevolezza
FRANCESCO BELLETTI

EDUCAZIONE
Una didattica originale
FEDERICA MORMANDO

EDUCAZIONE
Per fare scelte consapevoli
PAOLA BASSANI, IAIA BARZANI

MINORI
Cybercrime e rischi della rete
ANGELO ZAPPALÀ

BIOETICA
Riprogrammare le staminali
ALESSANDRA TURCHETTI

PASTORALE
La conoscenza della fertilità
ANGELA MARIA COSENTINO

COMUNICAZIONE
La scuola nella nuova narrativa
ROBERTO CARNERO

NARRATIVA / SAGGISTICA / RIVISTE

CISF / MONDO

 

ASPETTI SOCIALI E AFFETTIVI

Lo sviluppo dell’identità di genere

di Maria Luisa Pedditzi
(ricercatrice in Psicologia dello sviluppo e dell’educazione presso l’Università
di Cagliari)

 

Già a partire dai primi anni di vita i bambini sono in grado di riconoscere sé stessi e gli altri come maschi e come femmine. Tale capacità è influenzata sia da aspetti sociali e culturali sia dalle dimensioni emotive e affettive. Ma è l’adolescenza il momento in cui l’identità di genere si struttura definitivamente.
  

L'appartenenza di genere è uno dei parametri usati per definire sé stessi (Levorato, 2002). L’identità sessuale riguarda il riconoscersi come appartenenti all’uno o all’altro sesso biologico, come maschi o come femmine (Santrock, 2008).

L’identità di genere non si riferisce solo ad aspetti di natura biologica e riguarda il fatto di riconoscersi come «caratterizzati da una costellazione di aspetti psicologici, interessi, valori e attitudini associati ai sessi in base ad aspettative, valori e norme culturali di riferimento» (Zammuner, 2000, p. 339). L’identità di genere, perciò, è un complesso sistema di credenze, in riferimento a sé stessi, riguardo al proprio modo di essere maschio o femmina.

Quando, allora, i bambini sono in grado di riconoscersi come maschi o come femmine? La capacità di classificare gli altri in base al genere si osserva già a partire dai 18 mesi, con la discriminazione di alcuni aspetti che tendono a caratterizzare l’appartenenza sessuale (in particolare i capelli e i vestiti).

Come definire sé stessi

Diverse prove sperimentali evidenziano la capacità da parte dei bambini di prendere il disegno giusto quando viene chiesto loro: «Quale sei tu?» e alla stessa età si osserva anche la capacità di indicare un bambino oppure una bambina in un disegno o in una foto che li ritraggono (Levorato, 2002).

L’identità di genere si osserva anche quando, successivamente, i bambini di due anni sono in grado di rispondere correttamente alla domanda: «Sei un bambino o una bambina?». La stabilità di genere compare invece quando il bambino concretizza che il sesso di una persona rimane invariato per tutta la vita. A partire dal quarto anno di età infatti i bambini sono in grado di rispondere correttamente alla domanda: «Da piccolo eri un maschietto o una femminuccia?» e «Quando crescerai sarai una mamma o un papà?».

La costanza di genere, che consiste nel rendersi conto che il genere rimane lo stesso a dispetto delle apparenze, si manifesta ancora più tardi, cioè intorno ai 6-7 anni. A partire da questa età i bambini realizzano che una femmina rimane tale anche quando si taglia i capelli corti e veste abiti maschili. Questa acquisizione si verifica attorno ai 7 anni, nel periodo in cui si manifestano progressi anche cognitivi, come evidenziato per esempio dalle prove di conservazione dei liquidi svolte da Piaget (Schaffer, 1996).

I fattori cognitivi, però, rappresentano solo una delle origini evolutive dei ruoli di genere. Anche la cultura, la scuola, i pari, i media e in special modo i genitori possono giocare un ruolo molto importante.

Inoltre, benché lo sviluppo dell’identità di genere inizi e continui in tutta l’infanzia e la definizione di sé stessi come individui sessuati impegni tutta l’esistenza, è tuttavia nel periodo adolescenziale che i ragazzi iniziano a confrontarsi con una capacità sessuale divenuta adulta e iniziano a viverla all’interno di un rapporto di coppia (Bonino, 2005).

Le trasformazioni

Nella preadolescenza e nell’adolescenza, i cambiamenti fisici della pubertà comportano una rapida e massiccia trasformazione che si riflette sull’immagine di sé. L’acquisizione della capacità riproduttiva introduce al mondo della sessualità adulta, con notevoli cambiamenti nella percezione del proprio corpo. Il pensiero dell’adolescente diviene più complesso e capace di rappresentarsi una molteplicità di opzioni possibili, che spesso aumentano i livelli di incertezza e di conflitto interno e interpersonale.

Le trasformazioni fisiche, i cambiamenti cognitivi e le nuove esigenze sessuali si traducono in un movimento ambivalente di avvicinamento-allontanamento dalla famiglia, riflettendo la presenza di esigenze di dipendenza tipiche dell’infanzia, che coesistono e si scontrano con un nuovo bisogno di autonomia e di libertà. Il raggiungimento dell’indipendenza dalla famiglia passa attraverso un processo di separazione e di individuazione con la ricerca di appartenenza a nuovi gruppi di pari.

Per separazione si intende il risultato lento e doloroso di un processo, tale per cui la dipendenza dalle figure genitoriali idealizzate si trasforma nella ricerca di un nuovo oggetto d’amore. Questo processo implica per l’adolescente la necessità di separarsi da oggetti, affetti e comportamenti infantili, per appropriarsi di nuove possibilità: dall’acquisizione di una maggiore autonomia, verso nuove definizioni di sé, delle proprie capacità e delle proprie relazioni. Nel momento della separazione dell’adolescente dai genitori le amicizie con i coetanei concorrono al benessere psicologico e risultano un importante fattore di protezione dallo stress psicosociale.

Vignetta.

I compiti della crescita

La mancanza di amici può determinare un deficit incolmabile con ripercussioni sulla strutturazione dell’identità, sentimenti di rifiuto, insicurezza, risentimento e compromissione del senso di autostima.

L’amicizia quindi presenta un valore essenziale sia per la crescita dell’io, sia per la ricerca nel gruppo di nuove identificazioni affettive. I compiti di sviluppo che gli adolescenti devono affrontare in vista della costruzione della loro identità sono numerosi (Havinghurst, 1976). Tra questi consideriamo i più significativi:

  • instaurare relazioni nuove e più mature con i coetanei di entrambi i sessi;

  • acquisire un ruolo sociale femminile e maschile;

  • accettare il proprio corpo e usarlo in modo efficace;

  • conseguire indipendenza emotiva dai genitori e da altri adulti;

  • desiderare e acquisire un comportamento socialmente responsabile;

  • acquisire un sistema di valori e una coscienza etica come guida al proprio comportamento;

  • sviluppare competenze intellettuali e conoscenze necessarie per la competenza civile.

Esiste una correlazione fra i compiti di sviluppo legati alla crescita fisica e sessuale e l’identità di genere. Il rapporto dell’adolescente con il proprio corpo ha infatti un ruolo centrale rispetto ai compiti evolutivi dello sviluppo e influenza non solo la definizione dell’identità di genere ma anche la percezione della propria competenza nell’interagire con l’altro sesso e nel costruire rapporti affettivi.

Verso nuovi legami

Si osserva inoltre una correlazione fra la capacità da parte dell’adolescente di accedere alla sessualità con serenità, superando le insicurezze e canalizzando le pulsioni che essa comporta a livello relazionale, simbolico e progettuale e la propria capacità di definirsi rispetto al proprio genere (Gambini, 2007). Il contatto con l’altro sesso, mediato dalla presenza dei coetanei, determina lo sviluppo dell’orientamento preferenziale verso relazioni più intime e profonde.

Così i ragazzi e le ragazze sentono il bisogno di stabilire un nuovo tipo di legame, simile e diverso da quello amicale e maggiormente caratterizzato dallo scambio affettivo. La costruzione di relazioni intime e sentimentali svolge una funzione di supporto nella costruzione del concetto di sé.

Sullo sviluppo dell’identità sessuale e di genere influiscono numerosi aspetti di natura biologica, cognitiva, sociale, culturale e affettiva. I cromosomi sessuali e l’assetto ormonale regolano lo sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari.

Lo sviluppo puberale e della capacità riproduttiva sono elementi in grado di influenzare l’identità sessuale, il comportamento, gli atteggiamenti e l’orientamento sessuale. Sull’identità di genere influiscono poi numerosi altri aspetti di natura sociale, culturale, cognitiva e affettiva.

Influenze socio-cognitive

Le influenze sociali degli stereotipi culturali (ampie categorie che riflettono le impressioni e le convinzioni generali sul mondo maschile e femminile, proprie della cultura di appartenenza), si osservano nei bambini già a partire dai 2 anni e mezzo. Diversi studi evidenziano che i bambini di quest’età sono in grado di fare delle attribuzioni stereotipiche quando si chiede loro quali attività (come cucire, cucinare, giocare con i treni, ecc.) sono più adatte ai maschi e alle femmine.

Se si chiede ai bambini della stessa età quali frasi inerenti diversi modi di essere "maschili" e "femminili" come: «Io sono forte!» e «Quando diventerò grande guiderò l’aeroplano!» sono pronunciate da due bambole di sesso maschile e femminile, si osserva che i bambini di 2 anni hanno già una qualche conoscenza degli stereotipi legati al ruolo sessuale (Schaffer, 1996). Dai 5 anni inoltre i bambini associano alcune caratteristiche della personalità alle femmine (per esempio: essere gentili) e altre ai maschi (per esempio: essere cattivi o ostinati). Si è molto dibattuto sulle modalità con le quali i bambini sviluppano questi concetti.

L’apprendimento

La teoria dell’apprendimento evidenzia che la tipizzazione sessuale si verifica sulla base dei principi del rinforzo: il comportamento adatto al proprio sesso tende a essere socialmente ricompensato, mentre quello meno adatto tende a essere punito. A partire dalla conoscenza del sesso del nascituro, infatti, i genitori e la società si comportano in relazione al genere. Alle bambine vengono generalmente regalate delle bambole, con le quali giocare, i maschi invece vengono dissuasi dal giocare con giocattoli di tipo femminile.

I padri inoltre sembrano agire differentemente nei confronti dei figli e delle figlie, contribuendo alla differenziazione di genere (Schaffer, 1996): essi ad esempio tendono a coinvolgersi più facilmente con i figli maschi in giochi come la lotta, rispetto a quanto fanno con le femmine e solitamente tollerano più facilmente il comportamento "maschile" delle proprie figlie, rispetto a quello "femminile" dei propri figli. Come dimostrano alcuni studi sull’analisi delle conversazioni che avvengono fra genitori e figli, si osserva inoltre che gli adulti sono pronti a discutere di sentimenti più con le femmine che con i maschi. Anche all’interno del gruppo dei pari, si osservano atteggiamenti e aspettative differenti nei confronti dei due sessi: i maschi, ad esempio, si scandalizzano facilmente se i comportamenti di altri maschi non sono in linea con il proprio sesso (Santrock, 2008).

Imitare e modellare

La teoria dell’apprendimento sociale evidenzia invece che l’imitazione è il meccanismo più importante nello sviluppo dei comportamenti di genere. Questa teoria attribuisce un ruolo determinante al modellamento da parte degli adulti. I bambini imparano osservando l’esempio degli adulti e dei coetanei e poiché sono incoraggiati a prestare un’attenzione selettiva a individui dello stesso sesso, è molto probabile che li imitino, adottando dei modelli di comportamento simili ai loro.

Secondo questa teoria, i bambini non apprendono solo per rinforzo diretto, ma anche per rinforzo vicario (Bandura, 1977), che si verifica quando i comportamenti osservati, e messi in atto da altri, vengono rinforzati. La cultura di appartenenza e i processi di socializzazione svolgono poi un ruolo fondamentale nell’orientare la scelta dei modelli sociali e culturali. I genitori, gli insegnanti, i pari e i media hanno un peso notevole nel rendere il bambino consapevole che le differenze sessuali sono importanti e che ci si aspetta un adeguamento agli stereotipi prevalenti.

Schaffer (1996) evidenzia che le persone reagiscono diversamente ai neonati quando viene detto loro che questi sono maschi oppure femmine. Da un loro studio è stato possibile rilevare che nei confronti di una neonata, Avery, vestita in maniera neutra, le persone reagivano con commenti del tipo: "Non è carina? Che dolce e affettuosa!" (se veniva detto loro che era una femminuccia) e al contrario: "Scommetto che è un tipo tosto!" (se veniva detto loro che si trattava di un maschietto).

Un approccio ulteriore

Secondo l’approccio cognitivo, accanto ai principi del rinforzo e dell’imitazione, influiscono sulla tipizzazione sessuale e sui comportamenti di genere anche numerosi altri aspetti cognitivi. Secondo queste teorie il bambino non riceve passivamente le informazioni dall’esterno, ma le interpreta attivamente e le applica selettivamente al comportamento personale e a quello degli altri.

Secondo Kohlberg (1966), l’identità di genere è l’origine del comportamento che si associa al genere: le bambine imitano i modelli femminili, perché hanno una consapevolezza spontanea di essere femmine e su questa categorizzazione costruiscono parte della propria identità (Levorato, 2002). Diverse ricerche evidenziano che i bambini di tre anni, che risultano rispondere in maniera più corretta alle prove sull’identità di genere, mostrano una più netta preferenza per i giochi propri del loro sesso.

Fagot (1985) osserva che i bambini di 2 anni capaci di dare una definizione corretta dei due sessi passano l’80% del loro tempo in gruppi dello stesso genere, mentre i bambini, non ancora in grado di farlo, vi passano solo il 50% del loro tempo. I primi tuttavia risultano maggiormente condizionati dagli adulti nella scelta dei giocattoli e manifestano una maggiore conoscenza degli stereotipi sessuali.

Le teorie cognitive dello schema sessuale hanno cercato invece di combinare la teoria dello sviluppo cognitivo accanto a quella dell’apprendimento sociale.

Lo schema sessuale

La teoria dello schema di genere evidenzia che il modello di genere, ovvero la capacità di scegliere dei modelli da imitare provenienti dal proprio genere, compare quando i bambini gradualmente sviluppano uno schema di genere di ciò che è appropriato o meno per il genere nella loro cultura. Gli schemi sessuali sono strutture complesse, composte e caratterizzate da diversi elementi che vanno incontro a una crescente coordinazione nel corso dello sviluppo (Martin, Wood, Little, 1990). Uno schema è una vera e propria struttura cognitiva, una rete di associazioni che guida le percezioni di ogni singolo individuo (Santrock, 2008).

Gli schemi di genere cominciano a svilupparsi non appena i bambini si rendono conto che esiste una differenza fra maschi e femmine e cominciano conseguentemente a classificare anche sé stessi.

Si ritiene che i costrutti cognitivi e i comportamenti si sviluppino parallelamente, piuttosto che consecutivamente (Schaffer, 1996). L’osservazione del proprio e altrui comportamento porterebbe allo sviluppo delle strutture di genere che a loro volta produrrebbero consapevolezza, indirizzando il comportamento.

Dimensioni affettive

Lo sviluppo dell’identità è inoltre fortemente condizionato dallo sviluppo affettivo e relazionale. Lo sviluppo del concetto di sé ha inizio a partire dai legami di attaccamento (Bowlby, 1969), con la formazione dei modelli operativi interni, che sono rappresentazioni mentali delle relazioni con le figure di attaccamento (di solito i genitori), che hanno la funzione di veicolare la percezione e l’interpretazione degli eventi da parte dell’individuo, consentendogli di fare previsioni e creare aspettative sugli accadimenti della propria vita relazionale.

Ainsworth evidenzia il ruolo dei modelli di attaccamento (sicuro, insicuro-ambivalente e insicuro-evitante) sul comportamento infantile e sullo sviluppo del concetto di sé. In effetti, sono diversi gli studi che sottolineano quanto i modelli di attaccamento influenzino la funzione esplorativa, le rappresentazioni mentali delle relazioni, i comportamenti di accudimento, la scelta del partner e il funzionamento della relazione di coppia (Carli, 1995).

Pur sottolineando la multifattorialità degli aspetti che incidono sullo sviluppo del sé e dell’identità di genere, diversi studi evidenziano l’importanza della qualità delle prime relazioni affettive del bambino.

Jovine e Scilligo (2001), per esempio, evidenziano che nello sviluppo dell’identità di genere, per ciò che concerne l’orientamento sessuale, possono essere fatte scelte diverse a seconda di come si struttura il rapporto madre-figlia. Se il rapporto è caratterizzato da freddezza e lontananza e la madre è percepita come più debole e meno fiduciosa delle proprie capacità, mentre il padre è descritto come distante, dominante e poco affettivo, la scelta del ruolo sessuale può essere meno semplice.

In altri lavori, a un padre scarsamente affettivo e relativamente distante, si affianca una madre dominante o che offre scarso sostegno educativo (Addonizio, Scilligo, 2000; Comelli, Scilligo, 2001). Questi studi pongono in risalto l’importanza dei processi di identificazione e la qualità del sostegno emotivo offerto dai genitori nella crescita dei figli, ma anche l’importanza della qualità delle relazioni che si instaurano all’interno della famiglia e all’interno della coppia genitoriale.

Conclusioni

La definizione di quali siano i modi attraverso i quali i genitori possano influenzare l’acquisizione del ruolo di genere, imitazione e identificazione piuttosto che trasmissione di stereotipi sessuali, è lasciato alle diverse correnti teoriche. Nella realtà quotidiana vi è la constatazione che durante l’adolescenza risulta particolarmente "urgente" prendere in considerazione gli aspetti emotivi e relazionali della sessualità.

La relazione affettiva ed emotiva tra adolescenti, infatti, rischia di ridursi ad attività sessuale precoce fine a sé stessa, che non contribuisce allo sviluppo dell’identità sessuale e non costituisce, perciò, un momento effettivo di crescita dell’autonomia e di separazione dal nucleo affettivo principale, cioè la famiglia(Bonino, 2005).

Per poter coniugare con equilibrio le dimensioni dell’affetto e della sessualità nel rapporto di coppia, l’adolescente deve possedere competenze sociali ed emotive generali, quali la capacità di identificare e valutare le conseguenze del proprio comportamento, o il saper negoziare negli scambi interpersonali, che virano fuori dalla coppia il benessere psicofisico dell’adolescente e lo rimandano al significato della relazione in famiglia.

Maria Luisa Pedditzi
   

   
BIBLIOGRAFIA

  • Addonizio E., Scilligo P., "Correlati psicologici del sé relazionale nel transessualismo", Psicologia, Psicoterapia e Salute, vol. 6, 3, pp. 337-386, 2000.

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  • Bonino S., Il fascino del rischio negli adolescenti, Giunti, Firenze, 2005.

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  • Kohlberg L., "A cognitive-developmental analysis of children’s sex-role concepts and attitudes", In E.E. Maccoby (Ed.), The development of sex differences, CA, Stanford University Press, Palo Alto, 1996.

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  • Santrock J.W., Child Development, 2008, (ed. It. a cura di D. Rollo, Psicologia dello sviluppo, McGraw-Hill, Milano 2008).

  • Schaffer H.R., Social Development, 1996 (ed. It. A cura di A.O. Ferraris, Lo sviluppo sociale, Cortina, Milano 1998).

  • Zammuner V., "Identità di genere e ruoli sessuali", In S. Bonino (Ed.), Dizionario di psicologia dello sviluppo, Einaudi, Torino 2000.








 

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