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n. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2009

Sommario

EDITORIALE
Educazione affettiva: urgenza senza deleghe
la DIREZIONE

SERVIZI
  Alle radici della relazione
MARIA LUISA DI PIETRO

Emozioni, legami e nascita del Sé
DOLORES ROLLO

Lo sviluppo dell’identità di genere
MARIA LUISA PEDDITZI

Attratti verso una relazione di reciprocità
MICHELANGELO TORTALLA

Ma tu, sei un uomo o una uoma?
MARIATERESA ZATTONI, GILBERTO GILLINI

Educazione sessuale: un gioco di squadra
ENRICA ODDONE

Uomo e donna: una chiamata all’alleanza
PATRIZIO ROTA SCALABRINI

DOSSIER
Sesso e stili di vita dei giovani
RAFFAELLA FERRERO CAMOLETTO

RUBRICHE
SOCIETÀ
Tra divieti e individualismo
BEPPE DEL COLLE

RICERCA
Le famiglie ricomposte
ANGELICA ARACE

CONSULENZA
Scegliere come e per chi?
EMANUELA CONFALONIERI

POLITICHE
Verso una nuova consapevolezza
FRANCESCO BELLETTI

EDUCAZIONE
Una didattica originale
FEDERICA MORMANDO

EDUCAZIONE
Per fare scelte consapevoli
PAOLA BASSANI, IAIA BARZANI

MINORI
Cybercrime e rischi della rete
ANGELO ZAPPALÀ

BIOETICA
Riprogrammare le staminali
ALESSANDRA TURCHETTI

PASTORALE
La conoscenza della fertilità
ANGELA MARIA COSENTINO

COMUNICAZIONE
La scuola nella nuova narrativa
ROBERTO CARNERO

NARRATIVA / SAGGISTICA / RIVISTE

CISF / MONDO

 

DOSSIER - SE SPERIMENTARE È UN VALORE

SESSO E STILI DI VITA DEI GIOVANI
   

  MILLE E UNA STRADA
PERCORSI DI SOCIALIZZAZIONE
ALLA SESSUALITÀ

 
di Raffaella Ferrero Camoletto
(sociologa, Università di Torino)
  

Il dossier illustra i risultati di una recente ricerca su valori e stili di vita sessuali tra giovani dai 18 ai 29 anni. La ricerca mostra come, grazie a una socializzazione sempre più polifonica, i giovani si orientino a un modello di autorealizzazione multidimensionale, differenziato e composito, all’interno del quale il valore e il significato attribuiti all’esperienza sessuale emergono in connessione con altri aspetti dell’esistenza. Nella subcultura giovanile la sessualità è considerata come un’esperienza legittima e importante per la maturazione personale. A fronte di un’ampia valorizzazione della sperimentazione in campo sessuale da parte dei ragazzi, tra le ragazze si registra una posizione attraversata da una tensione tra sperimentazione da un lato e mantenimento di un legame tra sessualità e reputazione dall’altro.
 

I giovani nati dopo la seconda metà degli anni ’70 sono cresciuti in uno scenario sociale e culturale che ha recepito e normalizzato alcuni elementi di ridefinizione della vita affettiva e sessuale che erano stati oggetti di rivendicazione e di lotta per le generazioni precedenti.

Il sesso è riconosciuto come un diritto e un dato di fatto, non più come un obiettivo da conquistare o da raggiungere con una lunga preparazione(1): si passa così da una concezione della sessualità incentrata sul contenimento e sul differimento a una concezione che valorizza la sperimentazione.

La letteratura internazionale, attraverso la comparazione con ricerche condotte su altre coorti nate nella prima metà del ’900, ha evidenziato alcune direzioni del mutamento di atteggiamenti e pratiche in campo sessuale, delineando alcuni tratti distintivi della cultura sessuale delle nuove generazioni. Sul versante dei comportamenti, si registra innanzitutto l’avvicinamento progressivo dei calendari sessuali di uomini e donne, per cui la distanza tra l’età media in cui ragazzi e ragazze affrontano le varie esperienze sessuali è ormai molto ridotta, mentre sul versante degli atteggiamenti si fa strada una visione della sperimentazione sessuale che supera la tradizionale "doppia morale" che consentiva una maggiore libertà d’azione maschile. Al cambiamento dei valori e delle norme sessuali di riferimento si accompagna una più rapida traduzione delle relazioni in scambi sessuali, per cui l’intervallo temporale tra le prime esperienze sessuali e il primo rapporto sessuale completo si restringe (mentre l’età media al primo rapporto rimane pressoché costante da ormai alcuni decenni, dopo la brusca riduzione a seguito della cosiddetta "rivoluzione sessuale"). Infine, l’ideale della sperimentazione fa sì che le prime esperienze sessuali, coito compreso, vengano sempre più sganciate da un orizzonte progettuale più ampio, e che quindi il debutto in campo sessuale venga interpretato più come tappa di maturazione personale che come progetto di coppia(2).

In Italia, la carenza di ricerche sulla sessualità rende più difficile una comparazione storica; tuttavia, dal confronto con altri Paesi europei è possibile individuare alcune caratteristiche specifiche del modo in cui i giovani italiani vivono la sessualità, che viene descritto come "tardivo", "prudente" e "moderato"(3).

Infatti, un primo elemento distintivo è che l’età mediana del primo rapporto sessuale completo è per i giovani italiani più elevata che in altri Paesi del Nord Europa, specialmente per le giovani donne (indicando come in Italia, rispetto ad altri Paesi, vi siano più segnali di persistenza di forme di doppio standard); un secondo elemento è che i giovani italiani adottano una elevata copertura contraccettiva, anche se essa comprende il ricorso a metodi più "tradizionali" come il coito interrotto; terzo, tra i giovani italiani la frequenza dei rapporti sessuali risulta più bassa rispetto ad altri Paesi, a causa probabilmente della minore diffusione di esperienze di coabitazione.

Al di là però del mutamento dei modelli di condotta e di biografia sessuale, il punto di ingresso dell’esperienza affettivo-sessuale dei giovani permette di evidenziare tratti distintivi e dinamiche in atto all’interno della cultura giovanile contemporanea. In particolare, i dati di una recente ricerca(4) forniscono alcune interessanti chiavi di lettura della condizione giovanile. In questo dossier ci focalizzeremo in particolare sui percorsi di "scoperta" della sessualità da parte dei giovani(5).

Tabella 1.

Un pluralismo informativo

La "scoperta" della sessualità da parte di un giovane è l’esito di un processo complesso che chiama in causa diversi attori sociali e una pluralità di fonti di informazione e di socializzazione.

In una ricerca realizzata nella seconda metà degli anni ’90, emergeva che il principale canale informativo sulla sessualità era rappresentato dal gruppo dei pari, indicato dal 78% dei giovani. I genitori, come vedremo successivamente, si posizionavano oltre il 3-4° posto, indicati da una percentuale di giovani inferiore al 40%, con uno scarto considerevole tra il ruolo giocato dalla madre e quello del padre(6).

Tale ricerca permetteva di individuare, rispetto al tipo di fonti informative utilizzate, due percorsi di socializzazione distinti per genere. Per i maschi, l’avvicinamento al sesso passava attraverso canali più informali e autogestiti (amici e pornografia), da cui cioè erano esclusi gli adulti. L’avvicinamento alla sessualità per le ragazze seguiva invece un percorso in cui il confronto con i pari e quello con gli adulti erano meno distanti, e in cui sembrava più marcato il ruolo delle tradizionali agenzie di socializzazione, famiglia e scuola (vedi tab. 1).

Dieci anni dopo, i nostri dati evidenziano alcuni elementi di continuità e alcuni di mutamento. Si conferma la centralità del gruppo dei pari come canale informativo primario (90%), senza rilevanti differenze tra ragazzi e ragazze. Al secondo posto si colloca il partner (61%), figura significativa con cui confrontarsi e apprendere qualcosa in più dei meccanismi della sessualità, soprattutto per le ragazze (+8 punti percentuali rispetto ai ragazzi). Al terzo posto, quasi a parimerito (indicate da circa il 50% del campione), troviamo la madre e i mass media, comprendendo entro quest’ultima categoria libri, riviste, programmi televisi e siti internet a carattere informativo generale, non di tipo pornografico: ciò dimostra come il ruolo di socializzazione alla sessualità dei genitori (secondo meccanismi di tipo verticale) sia stato affiancato da meccanismi di socializzazione orizzontale, in cui cioè i giovani svolgono un ruolo più attivo e interattivo.

D’altra parte, sono ormai numerose le ricerche in ambito internazionale che hanno studiato i modelli culturali sull’amore e la sessualità veicolati dalle riviste per adolescenti, evidenziando il ruolo centrale svolto dai mass media come agenzie di socializzazione(7).

Per quel che riguarda ulteriori fonti di informazione, i percorsi di socializzazione nuovamente divergono per genere: se per le ragazze meccanismi di tipo orizzontale (amici, partner, media) si integrano maggiormente con meccanismi verticali (madre, lezioni o esperti), per i ragazzi prevalgono i meccanismi orizzontali (amici, partner, media e pornografia), mediati da relazioni intragenere con adulti (padre)[8]. Una minoranza di ragazzi, inoltre, utilizza ancora il canale formativo tradizionale della persona sessualmente esperta e disponibile, che faccia da "nave-scuola".

Figura 1.

La gestione in famiglia

Entrando più nel dettaglio dei meccanismi della socializzazione alla sessualità, emergono ancora delle difficoltà nella gestione di questo tema in famiglia e delle differenze nel modo di trattarlo con ragazzi e ragazze.

Complessivamente i genitori dei giovani intervistati appaiono abbastanza aperti e tolleranti nella definizione delle regole della vita familiare e del rapporto con i figli: la maggiore apertura si ha nei confronti degli orari del rientro serale, così come sulla possibilità di trascorrere la notte a casa di amici, mentre è un po’ più soggetta a restrizioni l’opportunità di ritagliarsi degli spazi di intimità domestica con il partner e di ritardare il momento dei pasti senza preavviso (vedi figura 1).

Un dato rilevante è che però, relativamente a tutte le regole considerate, l’atteggiamento dei genitori appare nettamente più permissivo nei confronti dei figli maschi rispetto alle figlie femmine, con scarti che vanno da 10 a 20 punti percentuali. La differenza di atteggiamento dei genitori è ancora più evidente se costruiamo un indice di apertura delle regole familiari: i maschi godono in percentuale maggiore di livelli più alti di libertà dal controllo familiare, in quanto per il 68% di essi, rispetto al 32% delle ragazze, nell’adolescenza era possibile adottare tutti e quattro i comportamenti indicati.

Per quel che riguarda invece il dialogo sul sesso in famiglia, il 16% degli intervistati dichiara che durante l’adolescenza vi era una certa facilità di dialogo con entrambi i genitori: si tratta in maggioranza di ragazzi, mentre per le ragazze appare più semplice confrontarsi con la sola madre, che rappresenta la principale confidente per il 19% degli intervistati. Più di un intervistato su tre (il 37%), poi, ha trovato difficile confrontarsi con entrambi i genitori, e il 24% lo ha trovato impossibile. Va notato che adottare il padre come unico interlocutore risulta poco diffuso (4,5%) e avviene quasi esclusivamente tra i maschi (vedi figura 2).

Figura 2.

L’atteggiamento dei genitori nei confronti dei figli, ancora una volta – in questo caso, rispetto all’apertura al dialogo in materia di sesso – non è lo stesso per figli maschi e figlie femmine. Le differenze più marcate si registrano nei primi due tipi di famiglie: quando i genitori parlano con scioltezza di sesso con i figli, si rivolgono nella maggioranza dei casi a figli maschi, mentre quando è uno solo il genitore aperto ad affrontare l’argomento, si tratta in prevalenza della madre in rapporto alla figlia femmina(9).

Per tentare di valutare l’esito del processo di socializzazione familiare alla sessualità, abbiamo infine chiesto ai giovani quanto si sentano vicini a una serie di modelli culturali incarnati dai propri genitori: al modello di famiglia, al modello di affettività, al modello di sessualità e al modello di educazione sessuale.

I giovani manifestano una maggiore sintonia con i propri sul modello di famiglia e di affettività che su quello di sessualità. Sono poi soprattutto le ragazze a prendere maggiormente le distanze dai modelli culturali di cui i genitori sono portatori, specialmente per quel che riguarda l’affettività e la sessualità. In questa più spiccata criticità delle ragazze possiamo forse leggere un cambiamento di aspettative rispetto ai ruoli di genere nella coppia rispetto al modo di vivere ed esprimere gli affetti e i desideri (vedi tabella. 2).

Dall’indagine quantitativa, il modello di educazione sessuale adottato dai genitori non sembra comunque essere messo molto in discussione: 2/3 dei giovani intervistati (il 66%) si dichiarano molto o abbastanza vicini alle scelte fatte da padri e madri nel modo di approcciare con i figli il tema della sessualità.

Come è prevedibile, il tipo di clima familiare, misurato attraverso l’apertura dei genitori a parlare di sesso con i figli, influisce in modo significativo sul livello di identificazione dei figli nei modelli culturali familiari. Quanto più nell’adolescenza era facile per i figli parlare di sesso con padre e/o madre, tanto più essi oggi si sentono vicini alla concezione che i propri genitori hanno dell’essere coppia e dell’essere famiglia. Ciò significa che i genitori influenzano la visione dell’affettività e della sessualità dei propri figli sia con le parole – con un modo disteso e rilassato di trattare la sessualità – sia con i fatti – con il proprio modo di essere coppia.

Tabella 2.

Parlarne con gli amici

Oltre alla famiglia, anche il gruppo dei pari svolge un’importante funzione socializzante in campo sessuale. In primo luogo, gli amici costituiscono l’interlocutore privilegiato per il dialogo su questioni inerenti il sesso. Il periodo di maggiore intensità dell’interazione comunicativa su questo tema cresce progressivamente con l’aumento dell’età, e quindi in corrispondenza con l’avvio delle prime esperienze in materia.

Dai dati di una ricerca su un campione di studenti universitari italiani(10), si ricava che l’incidenza del parlare "spesso" o "molto spesso" di sesso con gli amici cresce al 12,9% della preadolescenza (11-13 anni) al 33,7% dell’inizio dell’adolescenza (14-15 anni) al picco del 67,1% del cuore dell’adolescenza (16-18 anni), per poi calare leggermente (65,4%) nella fase attuale dei primi anni di università. Tuttavia, se si considera solo il parlare "molto spesso", la crescita è lineare in corrispondenza al crescere dell’età.

Per valutare il diverso impatto delle diverse agenzie e attori nella socializzazione alla sessualità dei giovani, nel questionario è stato chiesto agli intervistati di indicare i fattori che hanno maggiormente influito sulla maturazione della loro concezione dei rapporti affettivi e sessuali. Ordinando le preferenze espresse, si ricava che al primo posto i giovani collocano le proprie esperienze di vita, confermando il primato della sperimentazione rispetto alla trasmissione di concezioni e valori. L’esperienza diretta per alcuni significa un percorso da autodidatti, in cui è il corpo a far capire come muoversi e in che direzione andare, per altri è invece il rapporto con l’altro sesso a essere la vera palestra in cui ci si misura con la realtà del sesso.

Se poi si considerano le varie cerchie sociali in cui il giovane è inserito, la famiglia viene indicata come l’attore sociale più influente, prima della rete amicale, dei partner, dei media e della scuola (vedi tabella 3).

Tabella 3.

Anche in questo caso, emergono significative differenze di genere: per i ragazzi, famiglia, amici e partner hanno contribuito in pari misura a plasmare il punto di vista sulla sessualità e sull’affettività; per le ragazze, invece, la famiglia ha esercitato un’influenza maggiore rispetto ad amici e partner (lo scarto è di più di 15 punti percentuali). Questo scarto può nuovamente indicare la tendenza, da parte dei genitori, ad affrontare l’educazione sessuale delle figlie femmine in modo più esplicito e ampio rispetto a quella elargita ai figli maschi.

Per una minoranza di soggetti (15%), un po’ più per le ragazze (17,2%) rispetto ai coetanei maschi (14,2%), nel maturare una concezione dei rapporti affettivi e sessuali hanno influito le idee religiose: ciò sembra indicare che la socializzazione religiosa per alcuni è stata veicolo di una socializzazione alla sessualità. Si tratta, prevedibilmente, di giovani religiosamente identificati e con un background religioso alle spalle: il 70% circa di essi frequenta con continuità o quasi i riti religiosi, e il 60% ha una famiglia in cui almeno un genitore è un praticante religioso regolare.

I mass media vengono indicati tra le fonti di informazione, ma non sono riconosciuti come un fattore che abbia inciso fortemente nella formazione dei soggetti se non dal 10% dei giovani: sono soprattutto i ragazzi a fare riferimento all’immaginario mediatico come canale di apprendimento su cosa la sessualità sia, in percentuale doppia rispetto alle ragazze (14% verso il 7%).

Infine, la scuola viene indicata spesso come una fonte di informazioni più che come una agenzia di socializzazione, a indicare come il più ampio spazio dedicato all’educazione sessuale nei programmi scolastici non venga percepito dai giovani come un elemento significativo nella loro formazione personale.

Sullo sfondo resta il contributo di altri adulti, familiari o conoscenti (zii, genitori di amici, fidanzati/e di fratelli o sorelle maggiori, ecc.): in alcuni casi essi svolgono un ruolo vicario rispetto a genitori che non sono in grado di affrontare il tema della sessualità con i propri figli.

Al di là del passato, ovvero del riconoscimento delle esperienze, dei contesti e delle persone più significative nel proprio percorso di maturazione affettivo-sessuale, oggi chi sono i referenti per i giovani, le persone a cui si rivolgerebbero per chiedere un consiglio su problemi inerenti la sfera affettivo-sessuale?

Dall’ordinamento delle opzioni per percentuali di risposte si ottengono alcune indicazioni interessanti: migliore amico/a e partner rappresentano le prime persone a cui i giovani si rivolgerebbero. Segue un gruppo di altri soggetti che spazia nella cerchia familiare-amicale più allargata (madre, fratelli e sorelle da un lato, amici in generale dall’altro), ma comprende anche degli esperti, nella figura dello psicologo e del medico (vedi tabella 4).

Tabella 4.

Il padre è considerato un referente significativo da meno di 2 intervistati su 10, in maggioranza maschi, a confermare, ancora una volta, l’evidente divisione sessuale del lavoro emotivo ed educativo, demandato alle madri. Infine, sullo sfondo due altre figure di esperti di "faccende umane", il sacerdote e l’insegnante.

Complessivamente, quindi, la preferenza e la fiducia accordata alla cerchia affettiva, amicale e familiare in materia di sesso e di sentimenti conferma l’importanza di tali attori nella socializzazione affettiva e sessuale dei giovani. L’unico elemento aggiuntivo è il riconoscimento del discorso esperto psicologico-medico come strumento per la risoluzione di problemi in questo ambito.

L’importanza del sesso

Nella società contemporanea si assiste a una continua circolazione di stimoli visivi e testuali a sfondo sessuale che invadono la sfera sociale, tanto che c’è chi parla di pornificazione dell’immaginario. Inoltre, avere una vita sessualmente attiva e ricca è sempre più considerato un indicatore di salute e benessere e un’aspettativa estesa lungo tutto il corso di vita. A livello culturale, la sessualità è riconosciuta come una dimensione centrale dello stile di vita di un individuo e come una proprietà che contribuisce alla costruzione e al mantenimento dell’identità del soggetto.

Ma quale importanza riveste il sesso per i giovani? Che peso attribuiscono a tale dimensione della vita personale e di coppia rispetto ad altre? Si tratta di un ambito di grande investimento e di sperimentazione da parte dei giovani?

Il sesso è considerato importante dalla quasi totalità del campione (il 55% lo considera una cosa molto importante nella vita, il 41% abbastanza importante). Se teniamo conto solo della risposta più forte ("molto importante"), vediamo che il sesso si posiziona dopo altri ambiti dell’esistenza quali la famiglia (molto importante per l’80%), l’amore e gli affetti (77%) e l’amicizia (70%). Al tempo stesso, però, esso è collocato dai giovani in una posizione superiore rispetto al lavoro e al benessere economico così come al divertimento e al tempo libero. In posizioni ancora più arretrate ritroviamo lo studio, la cura del corpo, l’impegno sociale, la fede e la spiritualità e, fanalino di coda, la politica (vedi tabella 5).

Tabella 5.

Se consideriamo anche la percentuale di quanti attribuiscono "abbastanza" importanza ai vari aspetti della vita elencati, rileviamo che, seppure la graduatoria rimanga pressoché invariata nell’ordinamento, gli scarti nell’importanza accordata alle varie componenti diventano risicati. Fatta eccezione per le ultime due voci (non a caso, la fede e la politica, per quella che viene definita una generazione post-ideologica), tutti gli altri elementi sono stati riconosciuti importanti da percentuali al di sopra del 70%. Ciò significa che il "popolo dell’abbastanza" è molto ampio, a indicare come i giovani facciano fatica a espungere qualcosa dal loro modello di realizzazione.

Tornando alla rilevanza attribuita al sesso nella classifica delle "cose importanti", questo primo dato ci mostra come per i giovani la sessualità costituisca una sfera del mondo vitale meno rilevante della cerchia delle relazioni, siano esse familiari, affettive o amicali: il sesso entra a far parte di un insieme di cose importanti che hanno a che fare con la dimensione più intima del soggetto, con le persone con cui si hanno rapporti significativi.

Lo scarto tra l’importanza attribuita alle relazioni e quella del sesso sembra indicare che il valore di quest’ultimo dipende in qualche modo dalle prime, ovvero dall’inserimento della vita sessuale all’interno di un orizzonte di rapporti significativi.

A parziale conferma di questo dato, la quasi totalità degli intervistati ritiene che il sesso sia un elemento importante per il successo di una relazione (98%), e il 70% che sia sempre fondamentale in una relazione: solo il 10% dei giovani lo considera un elemento secondario, mentre il restante 20% è convinto che vi siano altri aspetti della vita di coppia che mantengono salda una relazione dopo gli entusiasmi degli inizi.

Guardando poi al posto attribuito al sesso nella propria vita, il 41% gli conferisce molta importanza, il 54% gliene conferisce abbastanza e il restante 5% ritiene tale dimensione poco rilevante: tra coloro che sminuiscono il posto della sessualità nella propria vita sono sovrarappresentati, prevedibilmente, quanti non stanno vivendo una relazione stabile o si trovano in una condizione di totale libertà da legami affettivi.

La ricerca conferma un tratto tipico dei giovani di oggi, già riscontrato in altre indagini precedenti(11), ovvero la tendenza a un modello di autorealizzazione differenziato e composito, che tiene insieme una pluralità di dimensioni, investimenti e posizioni. Il sesso si inserisce all’interno di questo quadro a comporre un disegno armonico, in cui cioè il valore e il significato attribuito all’esperienza sessuale emerge in connessione con altri aspetti dell’esistenza.

Non mancano alcuni giovani che riconoscono al sesso un ruolo di primo piano, ma, oltre al fatto che si tratta di una posizione minoritaria, anche in questo caso il sesso è valorizzato come esperienza speciale, come stato elettivo che simboleggia il benessere.

La tendenza a un modello di realizzazione composito e armonico quindi si accompagna in parte all’idealizzazione di alcuni ambiti di vita, come quello dell’affettività e della sessualità: come afferma Garelli, "il ricorso all’idealità, al dover essere nell’affrontare il tema della sessualità, sembra comunque nascondere un’interessante prospettiva di ricerca del giovane. L’atteggiamento nei confronti della sessualità rivela come proprio nella sfera del personale i giovani tendano alla valorizzazione di alcuni aspetti della vita, alla considerazione quasi «mitica» di alcune esperienze, elevate a momenti ideali, in rapporto ai quali ritrovare quella tensione e carica motivazionale che sembra essersi attenutata nella sfera sociale e collettiva" (1984, 250-251).

Tra i giovani è poi ampiamente diffusa una concezione multidimensionale della sessualità. Nel questionario abbiamo chiesto agli intervistati di indicare le tre funzioni o finalità più importanti della sessualità: se noi sommiamo le tre preferenze espresse in un’unica percentuale, ricaviamo la seguente distribuzione (vedi tabella 6).

Tabella 6.

Tre risposte raccolgono poco più della metà dei consensi (si va dal 53% al 55% dei casi), identificando le tre funzioni principali della sessualità per i giovani: una funzione comunicativa, una funzione di espressione affettiva e una funzione procreativa. Questo dato in parte conferma quanto emerso da altre ricerche sulla cultura affettiva e sessuale dei giovani, in parte può sorprendere.

È in linea con le aspettative la rilevanza attribuita dai giovani alla dimensione interattiva, a quella valenza unica, e un po’ mitizzata, della sessualità come medium di intimità profonda tra i partner sul piano dello scambio comunicativo e affettivo: si tratta di un elemento sottolineato soprattutto tra i giovani più scolarizzati.

È invece in controtendenza l’elevato riconoscimento della funzione procreativa della sessualità, soprattutto in un’epoca in cui l’esperienza della maternità e della paternità viene spostata sempre più in avanti. In una ricerca condotta nei primi anni ’80 su un campione di giovani piemontesi dai 15 ai 24 anni(12), le tre funzioni sopracitate ottenevano livelli di consenso molto diversi: comunicazione profonda e espressione affettiva si attestavano sul 70-80% (venendo indicate rispettivamente dal 77% e dall’84% degli intervistati), mentre il procreare veniva riconosciuto dal 22% del campione. Certamente, non è possibile operare una comparazione attendibile, soprattutto tenendo conto del diverso range di età considerato e dell’aggiunta di alcune modalità di risposta nella batteria da noi utilizzata: ma dal confronto comunque si ricava che per i giovani oggi l’orizzonte della genitorialità torna a far capolino, almeno a livello ideale, nei significati attribuiti alla sessualità.

Al quarto posto si colloca un’altra finalità, quella dell’autoespressione e dell’autenticità (riconosciuta dal 42% degli intervistati): il sesso appare come una sfera di azione in cui, volenti o nolenti, si è sé stessi. Significativamente, non vi sono differenze nel consenso verso questo item rispetto alle variabili sociodemografiche: si tratta di un aspetto trasversale.

Intorno al 30% del campione ritiene poi che il sesso funga da collante di una coppia, da tessuto connettivo che mantiene uniti i due partner, e che esso sia finalizzato al raggiungimento del piacere. Si tratta di due significati o funzioni che possono condurre a interpretazioni opposte della sessualità: da un lato infatti unità della relazione e piacere possono essere congiunti, a indicare lo specifico dell’intimità di una coppia rispetto alla relazione affettiva che è presente tra due amici.

Tabella 7.

Un’esperienza da acquisire

Da questa analisi emerge dunque una visione della sessualità incentrata sull’idea dell’intimità affettiva e comunicativa, a discapito dell’idea di una sessualità più "leggera", volta alla ricerca di nuove esperienze e all’allargamento della propria cerchia di conoscenze. Se questa è la rappresentazione ideale delle funzioni attribuite alla sessualità, altri aspetti emergono dall’analisi delle "regole del sesso", ovvero delle norme culturali che governano la vita sessuale, la orientano, la rendono legittima e la calendarizzano. Numerose ricerche hanno attestato come la norma che sanziona negativamente i rapporti sessuali prematrimoniali sia non soltanto ampiamente disattesa, ma anche sempre meno ritenuta legittima dalle generazioni più giovani. Dalla nostra ricerca si conferma come la quasi totalità dei giovani intervistati (poco più del 95%) ritenga assolutamente lecito l’esercizio della sessualità al di fuori del contesto matrimoniale. Anche tra i giovani che esprimono una forte identificazione religiosa, la liceità dei rapporti prematrimoniali appare ormai ampiamente accettata: li ammette l’84% dei praticanti regolari. Pertanto, acquisire esperienze in campo sessuale diventa un’aspettativa sociale diffusa (lo crede quasi il 60% del campione), anche se sono soprattutto i maschi ad attribuirvi valore.

La cultura sessuale passa dunque dal preservarsi allo spendersi e al mettersi in gioco, secondo la credenza che anche in campo sessuale valga il criterio della cumulatività e della varietà delle esperienze. Aspettare ad avere rapporti sessuali per incontrare il partner ideale è un comportamento che solo il 16% degli intervistati ritiene diffuso, un po’ più le ragazze, specie se giovanissime, con più elevato livello di istruzione e un orientamento religioso. Per il rimanente 80% dei giovani, fare sesso è un’esperienza dotata di un valore in sé, che quindi non va eccessivamente procrastinata nel tempo (vedi tabella 7).

Come conseguenza, l’idea che sia preferibile sposare una persona vergine appare ampliamente superata: più dell’80% dei giovani intervistati (e, significativamente, una percentuale più alta tra le donne) non ritiene discriminante, tra i criteri che guidano la scelta del partner con cui condividere un progetto di vita matrimoniale, la verginità. Solo l’8% ritiene sia preferibile per un uomo sposare una donna che non abbia mai avuto rapporti sessuali in precedenza, e il 2% che una donna sposi un uomo alla sua prima esperienza: permangono dunque, soprattutto tra i giovani maschi, alcuni residui del modello tradizionale della doppia morale, secondo cui le norme che regolano il comportamento maschile sono differenti da (e restrittive di) quelle previste per la condotta femminile (vedi tabella 8)

Tabella 8.

A conferma di questa apertura e legittimazione di una vita sessuale attiva al di fuori del matrimonio, si rileva che una percentuale intorno al 50%, sia di uomini sia di donne, è convinta dell’opportunità di non vincolarsi troppo prematuramente sul piano affettivo-relazionale per non precludersi delle possibilità e delle esperienze. Ancora una volta, però, sono soprattutto gli uomini a valorizzare esplicitamente la sperimentazione affettivosessuale, in particolare quando essa diventa un imperativo: il 41% dei maschi, rispetto al 13% delle femmine, è d’accordo con il principio per cui in campo sessuale "ogni lasciata è persa". E sono sempre gli uomini a legittimare maggiormente i rapporti sessuali occasionali o la rapida sessualizzazione di una relazione, così come il fare sesso anche se non si è coinvolti affettivamente. Si ritrova così una posizione differenziata per genere che può essere interpretata come un’evoluzione della doppia morale, ovvero dell’esistenza di criteri di valutazione della condotta differenziati per uomini e donne: una sessualità maschile accettata tout court e una femminile resa legittima dall’investimento affettivo e dal contesto relazionale.

A fronte di una diffusa legittimazione e valorizzazione dell’esperienza sessuale, come i giovani ne percepiscono il timing, intendendo con questo termine l’indicazione del "tempo giusto" per una sessualità attiva?

Nel questionario, veniva richiesto di specificare se vi fosse un’età appropriata rispetto alla quale da un lato fosse opportuno aspettare prima di avere rapporti sessuali, dall’altro fosse preferibile non essere più vergine. In questo modo, si è cercato di ricostruire l’arco temporale (il "tempo minimo" e il "tempo massimo") che i giovani ritengono adeguato per avere rapporti sessuali. Le domande sono state contestualizzate rispetto a un ipotetico soggetto maschile e soggetto femminile, al fine di cogliere eventuali differenze di genere nel timing ritenuto legittimo.

Un primo dato rilevante è che quasi il 40% degli intervistati ritiene non sia possibile rispondere a queste domande: come a dire che per un’ampia quota di soggetti non si può parlare di un’età "giusta", perché troppi sono i fattori individuali e contestuali che andrebbero considerati. Analizzando poi l’orientamento di quanti hanno invece risposto alla domanda, sembrerebbe che le differenze non siano marcate: rispetto all’età appropriata dell’iniziazione sessuale, per i maschi l’età media indicata è di 16,7 anni, mentre per le femmine è di 17,1 anni. Rispetto all’età oltre la quale si ritiene si sia "in ritardo" nella sperimentazione sessuale, essa è fissata per i 19,2 anni per i maschi e i 19,6 anni per le femmine.

Se questi sono i dati medi complessivi, una prima differenza si ricava dal confronto fra le età medie indicate dagli uomini intervistati rispetto alle donne intervistate: le seconde tendono a indicare un’età più elevata rispetto ai primi, soprattutto per quel che riguarda la soglia superiore, l’età rispetto alla quale non ci si aspetta più che una persona sia vergine.

Per la metà dei giovani intervistati si può dunque indicare un range di età ideale all’interno del quale ci si aspetta di perdere la verginità: anche se, come abbiamo visto, vi sono oscillazioni nella soglia minima e massima di tale range, questo dato ci conferma come la questione della verginità sia ancora legata a un orizzonte normativo, a un "dover essere" che informa i comportamenti di molti ragazzi e ragazze, legittimando per i primi una precocità di attivazione sessuale maggiore che per le seconde.

Ricapitolando, nella subcultura giovanile la sessualità è considerata come un’esperienza legittima e importante per la maturazione personale. A fronte di un’ampia valorizzazione della sperimentazione in campo sessuale da parte dei ragazzi, che assume i toni di un’imperativo, tra le ragazze si registra una posizione più ambivalente, attraversata da una tensione tra riconoscimento del copione della sperimentazione da un lato e mantenimento di un legame tra sessualità e reputazione dall’altro.

Raffaella Ferrero Camoletto
   

Una materia scolastica?

In occasione di un recente convegno organizzato dalla Società italiana di ginecologia e ostetricia (Sigo) si è parlato dell’importanza di insegnare l’educazione sessuale nelle scuole italiane. Si è fatto anche un interessante confronto tra Paesi. L’Olanda (dove vige nelle scuole il programma voluto dal Governo "Amore per tutta la vita"), presenta una delle più basse percentuali di ragazze madri al mondo, mentre l’Inghilterra ha quella più alta d’Europa e l’educazione sessuale è argomento molto dibattuto dal Governo e dai media. In Francia l’educazione sessuale fa parte dei programmi scolastici fin dal 1973 e in Germania dal 1970. In Svezia, la materia viene affrontata, dal 1956, cominciando dalle elementari mentre in Spagna dal 1985 è stata introdotta come materia non obbligatoria. Anche negli Usa, infine, è facoltativa mentre è obbligatoria in Giappone a partire dai 10 anni d’età.

o.v.








 

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