n. 5 SETTEMBRE-OTTOBRE 2009 EDITORIALE SERVIZI
DOSSIER RUBRICHE RICERCA CONSULENZA POLITICHE
EDUCAZIONE
EDUCAZIONE
MINORI BIOETICA PASTORALE COMUNICAZIONE NARRATIVA
/ SAGGISTICA / RIVISTE CISF / MONDO
|
CONSULENZA / ORIENTAMENTO
Scegliere come e per chi? di
Emanuela Confalonieri Come decidere la scuola superiore più adatta allo studente? Quale forma di orientamento prediligere? La dispersione e l’abbandono possono essere evitati? Attraverso l’analisi di un caso si tracciano possibili linee di intervento per sostenere e rimotivare alunni che manifestano perplessità su scelte scolastiche già compiute. «I genitori di Andrea si rivolgono alla psicologa per problemi di rendimento scolastico del figlio. Andrea ha 15 anni e frequenta da alcuni mesi la quarta ginnasio di un liceo classico di una piccola cittadina. Il percorso formativo di Andrea viene presentato con molti dettagli dai genitori e quello che emerge è un quadro in realtà "rassicurante". Andrea viene descritto come un alunno "modello": «...e non lo diciamo noi, dottoressa, i suoi insegnanti lo hanno sempre detto quanto eravamo fortunati ad avere un figlio così ben disposto verso l’apprendimento», attento, partecipe, rispettoso dell’autorità, ha sempre preso buoni voti. Questa la situazione descritta fino alla fine della scuola secondaria di primo grado, da cui è uscito con un’ottima valutazione. Verso dicembre di quest’anno scolastico la situazione inizia a incrinarsi: i voti si abbassano, Andrea chiede spesso di stare a casa per leggere sintomatologie (mal di testa, mal di stomaco, grande stanchezza...), fino a quando inizia a saltare verifiche e interrogazioni programmate. I genitori vengono convocati per un colloquio dai professori durante il quale cercano di capire se sia successo qualcosa che giustifichi quanto sta accadendo: «Certo Andrea non si è mai molto fatto notare in questi mesi, ma di fatto era sempre abbastanza preparato e sembrava davvero seguire con la classe... poi è come se avesse iniziato a spegnersi, di fronte a richieste magari un po’ nuove e diverse sembra smarrito e perplesso, si sottrae, tirandosi indietro all’ultimo... alla fine anche il rendimento è iniziato a peggiorare e poi le assenze giustificate e non, non lo hanno certo aiutato». La preoccupazione dei genitori I genitori sono preoccupati e perplessi: hanno cercato di parlare con il figlio e con loro grande sorpresa Andrea ha detto di voler cambiare scuola, che lui non riesce ad essere all’altezza delle richieste che i professori gli fanno e che quindi vorrebbe davvero cambiare: «Non capisco cosa vogliono da me, quello che facevo prima ora non va più bene, sembra non bastare mai... ma io so farlo così lo studente e quindi devo andarmene... forse non avrei mai dovuto scegliere questa scuola». Davvero tanti gli elementi in gioco nella storia di Andrea, di tipo diverso e inevitabilmente con un peso differente nell’influenzare quanto è accaduto. Ne prenderò in esame solo alcuni, rintracciando quei segnali e quegli eventi che possono aiutarmi ad approfondire alcune riflessioni da condividere e su cui interrogarsi. Sentirsi inadeguati È noto sia a chi insegna sia a chi, genitore o studente, inizia un percorso formativo, quanto la nuova impresa agiti, metta ansia, faccia sentire inadeguati o comunque interroghi i diversi protagonisti rispetto all’essere o meno all’altezza della nuova avventura. Andrea come molti suoi coetanei inizia il suo percorso nella scuola secondaria di secondo grado forse meno orientato e consapevole della scelta fatta di quanto lui stesso non si renda conto: la cittadina è piccola, il liceo classico è uno solo, alla scuola secondaria di primo grado era un bravo alunno. Perché interrogarsi più di tanto, la scelta può essere sembrata già tracciata, quindi perché cercare altrove e ancora? Ma l’arrivo nella nuova scuola apre ad Andrea una serie di orizzonti inattesi da più punti di vista, soprattutto da quello della modalità di apprendimento proposta, fondata su una rappresentazione di studente molto diversa da quella fino ad ora da lui vissuta. Quello che il ragazzo mette in atto è un lento e silenzioso processo di autoesclusione, non derivante, come più spesso accade, da fallimenti e frustrazioni in ambito scolastico: curiosamente egli si autoesclude prima ancora di aver provato ad accettare la sfida che la nuova scuola gli propone. Il tema della scelta è tema importante e significativo sempre, non solo nel momento critico del passaggio da un ordine di scuola a un altro o del cambio di indirizzo di scuola: andare a scuola, imparare, costruire la propria conoscenza, sperimentarsi socialmente e cognitivamente sono tutte esperienze che chiedono alla persona di scegliere continuamente e nuovamente. Sé affettivo e ruolo sociale Solo così l’"essere alunno" di un ragazzo potrà acquisire la dimensione reale di crescita e sviluppo personale, rientrando a pieno titolo l’esperienza scolastica fra quelle esperienze che costituiscono uno dei compiti di sviluppo che l’adolescente deve affrontare e superare. Il rischio attuale è invece quello che si crei una scissione fra il sé affettivo dell’adolescente e il suo ruolo sociale di studente, scissione rintracciabile nell’atteggiamento di disinvestimento nei confronti degli stimoli provenienti dal mondo scolastico per cui quello che accade a scuola è marginale e periferico, il sistema motivazionale è collocato altrove. La scuola in questo scenario di crescita dovrebbe e potrebbe essere luogo di esperienze importanti per il ragazzo, spazio non solo di pensiero ma anche di azione, di emozione, di relazione, contesto in cui sperimentarsi per scoprirsi più forte o più debole di quanto egli non pensi, più pronto o meno pronto ad affrontare il proprio futuro, più o meno disponibile e lasciare le dimensioni infantili ancora presenti e vestire i panni, se non ancora dell’adulto, sicuramente non più del bambino. Terminare la scuola secondaria di primo grado significa per la famiglia e forse per la prima volta anche per il figlio affrontare il tema della scelta e dell’orientamento e quindi avventurarsi verso un’esperienza che per quanto si cercherà, attraverso una puntuale raccolta di informazioni, di rendere nota, tale in realtà non sarà se non nel tempo e nei mesi che seguiranno l’ingresso nella nuova scuola. L’importante variabile da affrontare in chiave orientativa è, a questa età, quella relativa al "tipo" di scuola e quindi dei contenuti affrontati, delle competenze richieste e insegnate, della formazione proposta: liceo o istituto tecnico professionale? Liceo classico o scientifico? Il tutto spesso complicato da prefigurazioni sulla successiva scelta universitaria o lavorativa che il più delle volte accompagnano l’individuazione delle secondarie rendendo più confuso tutto lo scenario. Bisogni, desideri e perdite Alla scelta dunque, si arriva dopo un’intensa attività e di tipo cognitivo e di tipo affettivo, connotata da molteplici valenze: da un lato la scelta chiede di tenere insieme la dimensione del bisogno e del desiderio, dall’altra chiede di saper perdere qualcosa, di saper prendere una posizione che necessariamente significa perderne altre (Tomisch, 1996). Perché nella scelta ci sia la dimensione del desiderio è necessario elaborare il bisogno, ovvero non muoversi sul piano dell’azione, quanto della riflessione per riuscire a mentalizzare il bisogno e "trasformarlo" in desiderio rendendo così possibile scegliere in modo funzionale, emotivamente e cognitivamente pensato. Aiutare a scegliere (e in questo sta il difficile ruolo soprattutto dei genitori) significa allora non colludere sui bisogni, non dare risposte immediate e complete, quanto piuttosto sostenere la persona in un processo di disvelamento e comprensione graduale. Un’occasione di crescita In questo senso ogni scelta diventerà occasione di crescita, funzionale a sviluppare la capacità di progettare il proprio futuro in termini soddisfacenti per sé e realistici sul piano della fattibilità. Variabili su cui lavorare in questo processo saranno allora la promozione di sé, la capacità di porsi in una dimensione temporale prospettica, il realismo, al fine di acquisire una sempre maggiore autoconsapevolezza. Andrea come spesso accade sembra aver affrontato in modo "scontato" questo percorso di scelta e di orientamento, anche perché il contesto sembrava non offrire molte alternative. Più spesso invece la pluralità di possibilità diventa problema, apre troppe prospettive e rende ancora più complessa l’analisi e la successiva elaborazione delle informazioni acquisite. Arrivare a individuare la scuola "giusta" dovrebbe quindi essere il momento finale di un lungo e faticoso percorso decisionale, frutto di indagini che il ragazzo fa da solo o con il sostegno degli adulti e i cui esiti sono riscontrabili a volte dopo pochi mesi (come nel caso di Andrea), a volte dopo anni. Ma mi piace richiamare la dimensione di scelta presente anche dopo l’effettivo inizio di questa avventura, che proprio per i rischi, le incognite e le incertezze che nasconde in sé, richiede alla persona, il nostro adolescente-alunno, di richiarirsi di volta in volta il suo voler essere in una certa scuola. Spesso questa seconda scelta, continuamente rinnovata e riconfermata manca, o è vissuta passivamente generando studenti svogliati, annoiati quando non apertamente conflittuali e ostili. Quella che viene a mancare è la dimensione di mentalizzazione che dicevo prima che consente di passare dal bisogno al desiderio rendendo il ragazzo partecipante attivo al processo di orientamento che gli adulti intorno a lui hanno costruito. Dispersione scolastica Il mondo adulto (genitori e insegnanti), spesso presente e sensibile nel momento della scelta vera e propria, sembra poi ritirarsi sullo sfondo e quasi non aspettare di vedere se la scelta compiuta è davvero quella giusta mancando di seguire il figlio e lo studente nel comprendere davvero cosa comporta il percorso formativo intrapreso, tornando a sceglierlo più e più volte, di fronte e gratificazioni e fallimenti. Non a caso, il tema dell’orientamento è connesso a quello del fenomeno della dispersione scolastica e chiede interventi di prevenzione secondaria attenti ad aiutare lo studenti a ri-significare nuovamente il suo essere iscritto in quella scuola. È, quello della dispersione scolastica, un fenomeno che contiene molteplici espressioni (dall’evasione dell’obbligo, agli abbandoni della scuola secondaria di secondo grado, alle bocciature e ripetenze, alle assenze ripetute, ai ritardi rispetto all’età regolare, fino a manifestazioni di basso rendimento) e di tipo multifattoriale e sembra interessare in modo consistente soprattutto il biennio della scuola secondaria di secondo grado, individuando in questi primi due anni il periodo "sensibile" per il manifestarsi di fragilità più personali ma anche e soprattutto di scelte non corrette o consone ai reali desideri e bisogni dell’adolescente. Il legame fra orientamento e dispersione scolastica emerge ponendoci in ottica di prevenzione, laddove, negli interventi tesi a lavorare su possibili fattori di disadattamento scolastico, relazionale e didattico, non manca mai il potenziamento dei progetti connessi all’accoglienza e all’orientamento. Se con il termine accoglienza richiamiamo in causa quell’attenzione, già segnalata, ad accompagnare studenti e famiglie nei loro "primi" passi nella nuova scuola, con il termine orientamento apriamo un capitolo consolidato e costruito su esperienze pluriennali di diverso tipo che cercano attraverso azioni precise di aiutare e sostenere lo studente perché possa operare in modo progressivo scelte scolastiche e progettuali di livello diverso. Espressioni di orientamento Tale dimensione orientativa conosce almeno due espressioni: una più "esterna" che si concretizza nell’azione di aiuto a studenti e famiglie nella scelta degli indirizzi scolastici più consoni nei momenti di passaggio a cicli diversi. Una più "interna" alla scuola stessa (potremmo dire di un consolidamento orientativo in itinere o in qualche caso di ri-orientamento) che si può concretizzare in percorsi di didattica orientativa, di approccio individualizzato, e/o nell’affiancamento allo studente di figure con ruolo di tutoring, attente a creare una continuità educativa a più livelli. In tali situazioni si lavora in presenza di segnali di fragilità e di potenziale insuccesso scolastico, si intraprendono iniziative volte ad evitare il persistere di tale disagio attraverso modalità di reinterpretazione e ricostruzione anche in chiave orientativa e motivazionale del contesto esperienziale dello studente. Laddove queste modalità si intrecciano e si parlano, costruendo quelle che vengono descritte come buone pratiche, ecco che si avvia un processo di riduzione del rischio della dispersione, ovvero si cerca di evitare quell’uscita precoce dal circuito scolastico spesso motivata da un mancato incontro fra studente, famiglia e scuola che ha in un cattivo o malcondotto orientamento un suo aspetto esplicativo. La giusta direzione Quanto prima i tre protagonisti individuano la "giusta direzione" (che può essere la medesima già individuata e frequentata, e che va meglio precisata e compresa dallo studente, ma che può essere anche una nuova direzione più legata alle effettive motivazioni e competenze dello studente), tanto più si eviteranno percorsi costellati da irregolarità di frequenza, bocciature, abbandoni, accompagnati da vissuti di rabbia, frustrazione, fatica a carico non solo dello studente e della sua famiglia, ma anche della scuola, consapevole di aver "dissipato" potenziali risorse che aveva accolto, ma a cui non è riuscita a dare le giuste risposte. Rimotivare e riorientare Concludendo con la nostra storia, ci sono tante domande che bisognerebbe porsi: ci sono stati dei segnali? Era possibile cogliere la fragilità di Andrea rispetto al suo rapporto con la conoscenza e con l’apprendimento? È possibile ora ri-motivarlo e ri-orientarlo magari arrivando anche a scoprire che è un’altra la scuola che vuole frequentare? Accanto a un lavoro con i genitori rispetto a un loro ruolo di effettivo ascolto nei confronti di Andrea, è possibile ipotizzare un attivarsi anche da parte della scuola in un’ottica che potremmo dire di consolidamento orientativo in itinere aiutandolo a riconoscere le proprie difficoltà, ad acquisire maggiore consapevolezza della propria efficacia personale, della possibilità di utilizzare le proprie capacità anche in ambiti diversi dall’attuale, trovando un modo diverso di studiare più vicino a soddisfare dimensioni interne e personali. Emanuela
Confalonieri
|
|
|