La Bibbia un tesoro
dimenticato
Bella, vera ma difficile:
una sfida per la Chiesa
Un libro che aiuta
a cambiare vita
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di
Alberto Bobbio
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INCHIESTA
IL
GRAVE ERRORE DEI
NIPOTINI DI VOLTAIRE
Il filosofo Massimo Cacciari: «Se un
intellettuale laico non si confronta con la Bibbia e la tratta con stupida
ironia, oppure non presuppone che quel libro è anche parola di Dio, allora
sbaglia decisamente mestiere. Come Piergiorgio Odifreddi, per esempio».
Lui la dice così: «Se un intellettuale
laico non si confronta con la Bibbia e la tratta con stupida ironia, oppure
non presuppone che quel libro è anche parola di Dio, allora sbaglia
mestiere».
Lui è Massimo Cacciari, filosofo, docente di Estetica all’Università
di Milano San Raffaele, sindaco di Venezia, uno di quelli che volentieri
dialogano con gli uomini di Chiesa e che è stato invitato in Vaticano, l’anno
scorso, a presentare il libro di papa Benedetto XVI Gesù di Nazareth.
- Professore, chi sbaglia mestiere?
«Tutti quelli, come Piergiorgio Odifreddi, per esempio, che io definisco
comici nipotini di Voltaire, che non intendono assolutamente compiere alcuna
fatica intellettuale per comprendere che anche i cristiani hanno
cittadinanza e dignità culturale».
- E gli altri intellettuali laici che rapporto hanno con la Bibbia?
«Dipende dal punto di vista. Chi la ritiene un grande codice letterario
la legge come una successione meravigliosa di stili e di racconti. I
filosofi, come un libro che sollecita interrogativi sull’uomo, senza porsi
problemi teologici, ma essendo certi che si tratta del libro di una grande
religione, come Il libro dei morti della religione tibetana, o il Corano.
Insomma, è un libro con il quale dobbiamo tutti fare i conti».
«Il filosofo non può presupporre nulla: né che sia parola di Dio, né
che non lo sia. E questo vale per tutti i filosofi, credenti e non credenti.
Deve, cioè, riuscire a dimostrare l’eguale valore di due ragionamenti
contrari: non è parola di Dio, ma allo stesso tempo deve riconoscere che è
stata trasmessa come parola di Dio attraverso le epoche ed è rimasta tale,
e accolta da molta gente, proprio come parola di Dio. Cioè si deve porre il
problema dell’aporia, di una sorta di contraddizione e con essa
confrontarsi, utilizzando ermeneutica, esegesi e analisi critica, perché la
Bibbia si esprime sulle tematiche care alla filosofia: il bene e il male, la
vita, il dolore, la gioia…».
- E deve poi dialogare con i teologi?
«Esattamente. Il teologo davanti a tutto mette la Bibbia come parola
rivelata da Dio e con quella certezza l’analizza. Il dialogo tra filosofi
e teologi sulla Bibbia è uno degli esercizi più interessanti dal punto di
vista intellettuale. Alla facoltà di Filosofia San Raffaele sono
obbligatori l’insegnamento di esegesi dell’Antico e del Nuovo
Testamento, oltre che di filosofia ebraica e islamica».
- Però la Bibbia è poco conosciuta...
«È vero e la colpa secondo me è della Chiesa, che detiene il monopolio
dell’insegnamento della religione e impone l’autorizzazione vescovile
agli insegnanti. La Bibbia non è libro di testo per l’insegnamento della
religione, come credono molti cattolici e anche molti laici. Io quando
insegnavo filosofia nei licei parlavo della Bibbia, anche senza il patentino
dei vescovi».
- Non tutti i professori sono come lei…
«Certo, ma spesso accade perché ritengono normale il monopolio della
Chiesa sulla Bibbia, che invece è il libro delle radici della nostra
società e non solo della fede».
- C’è molta ignoranza sulla Bibbia?
«La conoscenza tecnica è scarsissima. Mi sono capitati studenti da 30 e
lode in filosofia che confondevano san Paolo con Mosè e credevano che Gesù
avesse scritto la Genesi».
«In quei casi ho abbassato il voto».
LA
PAROLA IN TUTTE LE LINGUE DEL MONDO
Anche se viviamo nell’era della globalizzazione,
al mondo ci sono circa 6.700 lingue e solo in 2.335 sinora è stata
tradotta, tutta o in parte, la Bibbia. Si comprende allora lo sforzo
che la Chiesa e tante organizzazioni laiche o confessionali fanno per
portare la parola di Dio agli uomini.
Tra le organizzazioni nate essenzialmente con lo
scopo di divulgare la Sacra Scrittura, vanno segnalate l’Abu (Alleanza
biblica universale), fondata nel 1946, che riunisce 150 Società
bibliche nazionali (www.societabiblica.it); Biblia, associazione
laica di cultura bliblica (www.biblia.org);
l’Abi (Associazione biblica italiana), fondata nel 1948 e
riconosciuta dalla Cei (www.associazionebiblica.it);
e la Federazione biblica cattolica, una rete di associazioni
legate alle Conferenze episcopali (92) o a esse vicine (235).
È nell’ambito della Federazione (www.c-b-f.org),
presieduta dal vescovo di Terni, monsignor Vincenzo Paglia, che è
stato realizzato il sondaggio pubblicato in queste pagine.
Anche la Società San Paolo è presente nell’apostolato
biblico sin dalla sua nascita e nelle linee editoriali che si è data
a livello internazionale, accanto alla famiglia e alla comunicazione,
intende promuovere i centri di studio e le pubblicazioni bibliche.
Tra le realtà paoline più impegnate su questo
fronte, c’è la Sobicain (Società biblica cattolica
internazionale), approvata da Giovanni XXIII nel 1960, che promuove la
conoscenza e le edizioni bibliche nelle lingue e nei Paesi di missione
(l’ultima grande impresa è stata la Bibbia in cinese). Tra l’altro
sono sul web (www.sobicain.org)
i testi in spagnolo, portoghese, inglese e francese, ma l’elenco è
destinato a crescere per dare a tutti la possibilità di sentir
parlare anche Dio nella propria lingua materna.
G.T.
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LA
BIBBIA IN INTERNET IN 80 SITI
La Bibbia nella Rete è una realtà da tempo, come
provano i numeri che ci dà Francesco Diani, curatore del sito www.lachiesa.it.
Si parla di circa 80 siti biblici, di matrice
religiosa e laica, di cui una quindicina con il testo integrale della
Bibbia, gli altri più improntati all’aspetto culturale di
interpretazione e di esegesi, anche accademica.
- Diani, è giusta la distinzione tra siti
cattolici e siti biblici?
«I siti cattolici sono un mondo più variegato e
generico, quando parliamo di siti biblici facciamo riferimento a
qualcosa di preciso: alla possibilità di accedere alla Bibbia, come
testo, attraverso gli strumenti della Rete. E non si tratta soltanto
di approccio cattolico: il testo è lo stesso, ma l’interpretazione
cambia se il sito ha matrice cattolica, protestante, ebraica o laica».
- Quale tipo di pubblico accede ai siti biblici?
«Ci sono almeno due approcci prevalenti. Uno è
specialistico, composto di sacerdoti o di persone impegnate nella
catechesi, che cercano supporti che li aiutino nel loro lavoro, ma in
questo caso si tratta di utenti piuttosto autonomi, che sanno bene
come muoversi. Poi c’è un’altra fascia più generica di persone
che chiedono aiuto a comprendere meglio».
- Che tipo di domande fa quest’ultima utenza?
Possiamo definirla "media"?
«Non direi proprio media, chi si rivolge a Internet
ha una cultura un po’ superiore alla media. Fatta questa premessa,
possiamo dire che si rivolgono ai siti per meglio capire, chiedono
aiuto nell’interpretazione e nell’approfondimento di alcuni
concetti: domande sul senso del peccato, sul perché la Bibbia
"non parla" dei santi, sulle differenze di interpretazione
tra Antico e Nuovo Testamento».
E.Chi.
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GLI
ITALIANI
(Campione generale)
Per il 53 per cento degli italiani quando si
parla di Sacre Scritture si intende la Bibbia; il 16 per cento pensa
invece si tratti del solo Antico Testamento, il 18 per cento dei
Vangeli.
Il 52 per cento pensa che la Bibbia sia
"parola ispirata da Dio"; il 23 per cento che si
tratti di "parola diretta di Dio" e il18 per cento la
ritiene un "antico libro di leggende, fatti storici e
insegnamenti scritti dall’uomo".
In merito al contenuto della Bibbia, il 64 per
cento lo giudica "reale", il 62 per cento "difficile",
l’86 per cento "interessante" e "vero".
Il 28 per cento è totalmente d’accordo con
l’affermazione che nelle scuole si dovrebbe studiare la Bibbia; il 34
per cento lo è "abbastanza"; il 26 per cento è in
disaccordo (abbastanza o totalmente).
Il 58 per cento sa che i Vangeli sono una
parte della Bibbia; il 26 per cento pensa che non lo siano.
Alla domanda: «Secondo lei, Gesù ha scritto
qualche libro della Bibbia?», il 65 per cento risponde no; ma
il 16 per cento sì.
Alla domanda: «Chi tra Paolo e Mosè è un
personaggio dell’Antico Testamento?», il 76 per cento risponde
correttamente indicando Mosè, il 10 per cento, Paolo.
Il 40 per cento degli intervistati pensa che
Paolo abbia scritto un Vangelo; il 31 per cento che lo abbia
fatto Pietro.
Il 75 per cento ha in casa una copia della
Bibbia.
Solo al 16 per cento è capitato di regalare
una Bibbia.
Il 25 per cento ha apprezzato molto l’ultima
omelia che ha ascoltato durante una celebrazione religiosa; il 47 per
cento "abbastanza".
Il 77 per cento non ha letto un libro di
argomento religioso negli ultimi 12 mesi.
Alla domanda: «Avendone la possibilità, lei
darebbe delle offerte in danaro per favorire la conoscenza della
Bibbia?», solo il 13 per cento risponde "certamente
sì", il 16 per cento "probabilmente sì",
mentre il 43 per cento "certamente no".
Alla domanda: «Nella sua vita, le è mai capitato
di avere la sensazione che Dio o un essere superiore vigili sulla sua
vita e la protegga?», il 79 per cento risponde: sì, mi è
capitato.
L’89 per cento crede in Dio, il 34 per
cento a una vita dopo la morte, il 70 per cento che
esistono i peccati, il 44 per cento crede nel paradiso, il 34
per cento nell’inferno e il 41 per cento nei miracoli.
Il 38 per cento è "totalmente d’accordo"
che ci sono semi di verità in ogni religione; il 41 per cento lo
è "abbastanza".
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