Dossier:
Matteo
Ricci 400 anni dopoPadre
Zhao: il modello Ricci
futuro del cattolicesimo
di Annie Lam
Intellettuale
cattolico di primo piano, il vicario generale della diocesi di Pechino ci
spiega perché, anche oggi come quattrocento anni fa, la scommessa è
quella del dialogo e dell’inculturazione della fede.
Padre
Peter Zhao Jianmin, vicario generale della diocesi di Pechino, è uno dei
primi preti cinesi ad aver studiato e ottenuto un dottorato all’estero.
Oggi è impegnato nella ricerca e nella formazione di giovani fedeli e
studiosi cattolici. Nato in una famiglia cattolica da sei generazioni a
Zhengding, nella provincia di Hebei, il 47enne sacerdote cinese dirige l’Istituto
di Pechino per lo studio del cristianesimo e della cultura (Beijing
Institute for the Study of Christianity and Culture). Nell’ambito
dei corsi sulla storia del Cristianesimo, il centro ha organizzato, dal 7
al 10 dicembre 2009, un simposio su Matteo Ricci che ha suscitato, in 49
giovani studiosi, entusiasmo per il religioso gesuita.
Con «giovani studiosi» in Cina ci si riferisce a coloro che, nutrendo
un interesse verso la Chiesa cattolica, hanno ottenuto un master o un
dottorato. Al simposio di Pechino i partecipanti hanno affrontato il tema
dell’inculturazione, esaminato l’opera degli amici letterati di Ricci,
ma specialmente lo scambio culturale e la strategia missionaria del
gesuita in Cina. Ricci è stato spesso presentato come studioso, piuttosto
che come missionario o uomo religioso. Padre Zhao afferma: «È vero che
Ricci non ha battezzato molte persone ma ha dato l’avvio all’azione
missionaria in molte province. E lo scambio culturale, le riflessioni e
gli studi teologici sono importanti quanto l’amministrazione del
sacramento del battesimo», dice padre Zhao. L’evangelizzazione può
essere portata avanti a due livelli: proclamazione e battesimo per la
comunità; promozione dello spirito del Vangelo nella cultura locale. Il
metodo di Ricci non fu sempre capito, e dopo la sua morte ebbe luogo la
disastrosa "Controversia sui Riti in Cina". Oggi, grazie alla
prospettiva aperta dal Concilio Vaticano II, il modello di
evangelizzazione di Ricci è stato riabilitato. Sia il dialogo
interreligioso che l’inculturazione sono elementi importanti nel
processo di evangelizzazione.

Suore nella cattedrale di Pechino
(foto E. Dalziel/AP/La
Presse).
Il contributo di Ricci, dice padre Zhao, non consiste solo nell’inculturazione,
ma anche nello spirito missionario dei preti: «Ritengo che oggi i preti
cinesi possano apprendere molto dalla dedizione di Ricci all’opera
missionaria, dalla sua fede in Dio e dalla sua perseveranza nell’evangelizzazione».
I preti di oggi, dichiara Zhao, «hanno molto da imparare dalla
considerazione che il gesuita aveva delle culture cinesi, cosa che lo
aiutò a evangelizzare con uno stile accettato di buon grado dalla
popolazione». Ricci viveva nella località dove ora si trova la chiesa
del sud (Nantang). Purtroppo, ben poco degli edifici, delle
reliquie o delle vestigia della chiesa di Ricci è stato conservato. In
occasione dell’anno sacerdotale, padre Zhao ha scritto che occorre
aprire nuove strade, scrivere numerosi articoli, inculturare e avviare
alla missione nuove terre. «Desidero imparare la missione dallo zelo
evangelizzatore di Paolo e di Ricci. E spero che anche gli altri sacerdoti
abbiano lo stesso desiderio».
I giovani cattolici in Cina hanno il grande desiderio di studiare la
teologia per approfondire la loro fede e dare una direzione alla propria
vita, sostiene Zhao. L’Istituto da lui diretto ha lanciato un corso
universitario annuale di «teologia cattolica», che si svolge il sabato
pomeriggio. Nel 2007 erano iscritti cinque gruppi, ciascuno di circa 30
studenti. Ai diplomati sono stati conferiti dei certificati. Si sperava
che il corso potesse essere completato da un master in collaborazione con
un istituto di Macao. Il progetto però non ha funzionato. Inoltre, la
struttura dove si svolgevano le lezioni doveva essere ristrutturata e il
corso è stato sospeso. Ciononostante, molti studenti hanno espresso l’interesse
a continuarlo e di passare al livello successivo. «Spero di trovare altri
modi per tenere corsi sul Vangelo di Gesù e sulla teologia», dice padre
Zhao.
A
partire dagli anni ’90 la Chiesa in Cina ha cominciato a inviare preti,
suore e laici all’estero affinché raggiungessero una conoscenza più
aggiornata della teologia e della Chiesa. Molti di loro sono tornati in
patria per prestare servizio nelle loro diocesi o seminari. Il Catholic
Cultural Studies Institute di Pechino, istituito il 3 agosto 2002,
mira a creare una piattaforma per lo studio del lavoro di evangelizzazione
pastorale nella società contemporanea, ed è destinato ai cattolici che
hanno effettuato studi superiori o sono tornati dall’estero per uno
scambio di esperienze. A oggi, dice padre Zhao, sono circa 20 i preti, le
religiose e i laici che hanno ottenuto un dottorato all’estero.
In Cina il campo degli studi cattolici è caratterizzato da
superficialità nei fondamenti della ricerca e da un limitato campo d’azione,
che va dalla ricostruzione all’analisi storica. Dal momento che la
Chiesa in Cina è in ritardo di almeno trent’anni nello studio dello
spirito e del magistero del Concilio Vaticano II, padre Zhao pensa che
valga la pena dedicare tempo all’approfondimento della teologia
cattolica post-conciliare, al magistero, all’inculturazione della
teologia nella società, alla relazione tra la trasformazione della
cultura della Cina contemporanea e l’inculturazione della fede.
I cattolici rappresentano una minoranza nella società cinese, meno
dell’1 per cento della popolazione. Padre Zhao dichiara che come
studioso cattolico in Cina intende dialogare con gli intellettuali non
cattolici che fanno ricerca sul cristianesimo, sul significato della vita,
su temi legati alla trasformazione della società in Cina, sui temi comuni
del cristianesimo e dell’inculturazione nella società cinese. «Spero
di essere aperto e di dialogare con altri condividendo la prospettiva
cattolica sulla vita», dice il sacerdote, che talvolta partecipa a
incontri con esponenti di altri settori della società e con
rappresentanti del Governo.
Per quanto riguarda la relazione tra Cina e Italia o con il mondo
esterno, padre Zhao dichiara: «Negli ultimi 30 anni lo sviluppo economico
della Cina ha fatto grandi passi e sono state portate avanti molte
riforme. Lo sviluppo non deve essere inteso solo a livello economico ma
anche antropologico, perché riguarda l’uomo e l’umanità. In altre
parole, le esigenze di uno sviluppo umano reale e integrale deve
riguardare la vita materiale e spirituale della gente, specialmente la
vita religiosa. Ciò richiede alle società cinesi di essere capace di
conoscere e comprendere le società europee. L’interscambio tra Cina e
Paesi stranieri deve essere basato sul mutuo rispetto e sulla fiducia.
Nella solidarietà si può realizzare uno scambio a livello internazionale».
Annie Lam
(traduzione di Ludovica Eugenio)
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